Biografia Alfred Hitchcock

•24 giugno 2008 • Lascia un commento

Alfred HitchcockPseudonimi o altri nomi: Alfred Joseph Hitchcock
Data di nascita: 13 agosto 1899
Luogo di nascita: Leytonstone (Londra, Inghilterra)
Data di morte: 29 aprile 1980
Luogo di morte: Los Angeles (California, Usa)

Figlio del fruttivendolo William Hitchcock e di sua moglie Emma, Alfred nasce nel 1899 nei sobborghi di Londra e viene cresciuto con un’educazione rigidamente cattolica, andando anche a studiare dai gesuiti. Molto attaccato alla madre, a cui ogni sera racconta, ai piedi del letto, la sua giornata (abitudine poi ripresa nel film Psyco), sviluppa anche una particolare fobia per la polizia in seguito ad una fantasiosa punizione inventata dal padre: dopo aver disobbedito, infatti, viene mandato ad un posto di polizia con una lettera; aperta la missiva, senza dire una parola il poliziotto di guardia lo rinchiude per dieci minuti in una cella, liberandolo poco dopo e dicendogli che questo era quello che succedeva ai bambini cattivi. Anche per questo motivo, per sua stessa ammissione, non impara mai a guidare: un pedone, infatti, ha meno probabilità di essere fermato dalla polizia. Finite le scuole, nel 1915 inizia a lavorare in una compagnia telefonica, impiego che però abbandona quando nel 1920 apre uno studio cinematografico a Londra, dove riesce a farsi assumere in qualità di designer dei titoli. La prima occasione per passare al ruolo di regista arriva nel 1922, quando gira alcune scene di ‘Ditelo sempre a vostra moglie’ per sostituire il regista malato: impressionati dal suo lavoro, i produttori gli affidano quindi un film tutto suo, ‘Numero 13’, che però non viene completato a causa del fallimento della società. Cambiata scuderia, Hitchcock torna dietro alla macchina da presa nel 1925 con ‘Il giardino del piacere’, mentre il primo vero successo è rappresentato da ‘Il pensionante’, del 1927. La sua carriera si sviluppa rapidamente lungo gli anni Trenta, con alcuni film epocali che poi saranno in parte ripresi ad Hollywood come ‘L’uomo che sapeva troppo’, ‘Il club dei trentanove’ o ‘Sabotaggio’. Nel 1940, ormai regista affermato, tenta il trasferimento negli Stati Uniti, anche se gli studios hollywoodiani si dimostrano in un primo momento freddi verso i suoi film. Alla fine, proprio nel 1940, riesce a girare Rebecca, la prima moglie che si rivela però un grande successo: sempre negli anni ’40 seguono Io ti salveròNotorius, l’amante perdutaNodo alla gola ed altri ancora. Il suo nome comincia ad essere notato dal pubblico nei titoli dei film e all’inizio degli anni ’50 è ormai un personaggio a tutto tondo, apprezzato come regista ma anche per il suo incredibile humour che metterà a frutto soprattutto in tv: nel 1955, infatti, proprio nel periodo in cui nei cinema escono quelli che sono considerati i suoi capolavori, parte una serie di gialli televisivi introdotti dallo stesso Hitchcock, serie celebre, più che per le trame, per i siparietti comici del regista inglese e per la sigla iniziale, in cui la sua sagoma (disegnata da Hitchcock stesso) viene riempita al suono di un celebre motivetto. Sono gli anni, come abbiamo anticipato, dei suoi capolavori principali: L’altro uomo, Io confesso, Il delitto perfetto, La finestra sul cortile, Caccia al ladro, L’uomo che speva troppo, La donna che visse due volte, Intrigo internazionale. A partire dagli anni ’60, complice l’età, inizia a diradare gli impegni sul set, riuscendo comunque a non sbagliare quasi mai un colpo (risalgono a questi anni, infatti, Psyco, Gli uccelli e Marnie). Scomparso nel 1980, dal punto di vista lavorativo Hitchcock non ha quasi mai scritto direttamente i copioni dei suoi film, anche se spesso vi è intervenuto o ha addirittura commissionato le storie; nonostante sia stato considerato dalla ‘Nouvelle vague’ francese, e in particolare dal regista François Truffaut che gli strappò una celebre intervista, uno dei padri del cinema degli autori, Hollywood non gli ha mai concesso l’Oscar per la miglior regia, cercando di ricompensarlo in ritardo con un Oscar alla carriera assegnatogli nel 1967. Di carattere ben poco mondano, Hitchcock è stato sposato per 57 anni con la stessa donna, Alma Reville, da cui ha avuto anche una figlia; dotato di grande humour nero, sul set abituava la troupe a scherzi piuttosto macabri, mentre dalla fine degli anni ’20 in poi è sempre apparso con un piccolo cameo nei suoi film.

Historie(s) du cinéma, Jean-Luc Godard

•23 giugno 2008 • 2 commenti

 

 

[…]

abbiamo dimenticato

perché Joan Fontaine

si sporga

sul ciglio della scogliera

( Il sopetto, 1941 )

e cosa

Joel McCrea

se n’andasse a fare

in Olanda

( Il prigioniero di Amsterdam, 1940 )

abbiamo dimenticato

su cosa

Montgomery Clift mantenga

eterno silenzio

( Io confesso, 1953 )

e perché Janet Leight

si fermi al Motel Bates

( Psycho, 1960 )

e perché Teresa Wright

sia ancora innamorata

di zio Charlie

( L’ombra del dubbio, 1943 )

abbiamo dimenticato

di cosa Henry Fonda

non sia

del tutto colpevole

( Il ladro, 1956 )

e perché esattamente

il governo americano

ingaggi Ingrid Bergman

( Notorious, 1946 )

ma ci ricordiamo

di una borsetta

( Marnie, 1964 )

ci ricordiamo di un camion

nel deserto

( Intrigo internazionale, 1959 )

ma, ci ricordiamo

di un bicchiere di latte

( Il sospetto, 1941 )

delle pale di un mulino

( Il prigioniero di Amsterdam, 1940 )

di una spazzola per capelli

( Vertigo, 1958 )

ma

ci ricordiamo

di una fila di bottiglie

( Notorious, 1946 )

di un paio di occhiali

( Delitto per delitto o L’altro uomo, 1951 )

di uno spartito

( L’uomo che sapeva troppo, 1956 )

di un mazzo di chiavi

( Delitto perfetto, 1954 )

 

perché con questi

e attraverso questi

Alfred Hitchcock riuscì

la dove fallirono

Alessandro, Giulio Cesare

Napoleone

avere il controllo dell’universo

 

forse

diecimila persone

non hanno dimenticato

la mela di Cézanne

ma sono un miliardo

gli spettatori

che ricorderanno

l’accendino

dello sconosciuto del Nord Express
( Delitto per delitto o L’altro uomo, 1951 )

 

e se Alfred Hitchcock

è stato il solo

poeta maledetto

a avere successo

è perché è stato

il più grande

creatore di forme

del ventesimo secolo

e perché sono le forme

che ci dicono

alla fine

ciò che c’è al fondo delle cose

ora, che altro è l’arte

se non ciò per cui

le forme diventano stile

e che altro è lo stile

se non l’uomo

 

è allora una bionda

senza reggiseno

pedinata da un detective

che ha paura del vuoto

( Vertigo, 1958 )

a portarci

la prova

che tutto questo

non è che cinema

in altre parole

l’infanzia dell’arte.

[…]

 

Traduzione da, Jean-Luc Godard, Historie(s) du cinéma, Gallimard, Paris, vol. IV (pp. 78-92), 1998